mercoledì 26 dicembre 2007

Auguri in ritardo!


Gli auguri retroattivi non valgono, giusto? Scusate ma sono stato tutto il giorno fuori e non ce l'ho fatta a mandare gli auguri in tempo! Spero comunque che il vostro Natale sia stato pieno di gioia e serenità con famiglia e amici...

mercoledì 19 dicembre 2007

Eid Al Adha


Eid mubarak a tutti...

lunedì 17 dicembre 2007

Ahmadinejad alla Mecca!


Per la prima volta dal 1979, cioè da quando l’Iran è divenuto repubblica islamica, un presidente iraniano si è unito ad altri due milioni di musulmani per fare il pellegrinaggio alla Mecca, dopo aver ricevuto l’invito del padrone di casa, Re Abdallah Al Saud. La mossa ha spiazzato molti, in Arabia e fuori, considerando che i sauditi sono i custodi dell’Islam sunnita più intransigente, che vede negli sciiti una minaccia, un nemico, fino a giungere alla “scomunica” per le correnti più integraliste del regno.

Il momento attuale è piuttosto delicato, l’Iran è sotto minaccia (anche se meno di qualche mese fa) e ha detto chiaramente che se verrà colpito se la prenderà con tutti gli “alleati dell’America” da quelle parti, cioè Arabia, Qatar, Kuwait e via dicendo. Quelli del golfo hanno un po’ paura, va detto, certo hanno le spalle ben coperte dallo zio Sam, ma a nessuno fa piacere rivivere i tempi della prima guerra del golfo, con le sirene quotidiane e missili tipo gli Scud che cascano tranquillamente a 2-3 km dal bersaglio! Abdallah d’Arabia ha mostrato sin dai primi giorni al potere una voglia di “moderazione” (per gli standard sauditi chiaramente) con vecchi e nuovi nemici, ha teso la mano ai “pentiti” di Alqaeda, concedendo loro la libertà in cambio di un sincero ripensamento circa le loro idee, ha presentato l’iniziativa araba per la pace con Israele, ha cercato di rafforzare i legami con l’Europa con diverse visite importanti ed è addirittura andato in Vaticano, una visita a dir poco storica. Insomma, le buone intenzioni le ha mostrate sin dall’inizio. Ora si tratta di capire se con Ahmadinejad sta facendo lo stesso per paura o sempre per “buone intenzioni”. Vuole ricucire lo strappo tra sunniti e sciiti almeno a livello politico? Cerca di mettere l’Iran dalla loro parte piuttosto che ritrovarselo contro? Pochi giorni fa Ahmadinejad era addirittura stato al summit dei paesi del golfo, anche questa la prima volta per un presidente iraniano.

Nel frattempo il presidente “blogger” Ahmadinejad se la gode e preso dall’entusiasmo augura a tutti i cristiani un felice natale

sabato 15 dicembre 2007

L’arabo medio e l’America


L’altra sera stavo guardando una serie televisiva siriana, tra le più seguite nel mondo arabo. Si intitola “maraya”, cioè specchi. Sono tanti piccoli sketch comici rappresentativi della vita quotidiana nel mondo arabo. Il nome non è casuale, seppure in modo esagerato, la serie rispecchia pregi e difetti della società araba contemporanea, con le sue mille contraddizioni e il suo vivere tra materialismo e spiritualità.
Mi ha molto divertito uno sketch a dir poco rappresentativo della nostra realtà. Cerco di riassumerlo in breve.

Un uomo si è svegliato da poco, canta con passione, tutte canzoni per la patria e la nazione araba, da “el ard btetkallem arabi” (la terra parla arabo) a “el helm el arabi” (il sogno arabo) passando per Fairuz e le sue canzoni per Gerusalemme. Inizia a girare per casa cercando qualcosa. La moglie, chiaramente incinta, è seduta in soggiorno a sorseggiare il suo caffè mattutino. Chiede alla moglie se avesse visto le sue lamette, lei dice di averle viste in bagno. Lui risponde dicendo che quelle in bagno le ha buttate e sta cercando quelle della marca nuova. Lei gli chiede come mai avesse buttato quelle che aveva in bagno. Lui risponde dicendo che erano americane e in un momento come questo l’America va boicottata totalmente per le sue azioni contro gli arabi in Iraq e il suo sostegno a Israele contro i palestinesi. A questo punto le chiede cosa sta bevendo. Lei risponde caffè. Turco? Chiede lui. No americano, dice lei. Prende la tazza e svuota il caffè in un vaso di fiori, da oggi in poi niente di americano deve entrare in casa, intesi? Ma io amo il caffè americano, ribatte lei. Inizia ad abituarti a quello turco! L'uomo a questo punto trova le lamette nuove e va a farsi la barba, quando torna per bere il suo caffè è pieno di ferite. La moglie gli chiede cosa avesse combinato, lui risponde scocciato "questi belgi fanno le lamette un po' dure, ma qualche goccia di sangue per la Palestina è il minimo che si possa sopportare!".

L’uomo va a lavorare, un suo impiegato entra da lui per presentargli dei documenti, indossa una tshirt con i colori americani. L’uomo è indignato “come puoi indossare una cosa del genere?” . L’impiegato afferma di non averci fatto caso e che per lui era solo una tshirt. Gli viene ordinato di togliersela all’istante, l’impiegato esegue. Il nostro uomo a questo punto prende la tshirt del malcapitato, scende in cortile davanti alla palazzina, chiama gli impiegati, iniziano tutti a urlare slogan contro l’America e la tshirt dell’impiegato viene data alle fiamme.
L’uomo torna a casa pieno di orgoglio per la minimanifestazione organizzata a lavoro, racconta tutto alla moglie, lei sorride per compiacerlo. La figlia esce dalla sua stanza, sta per uscire. Dove vai? Chiede l’uomo. Al corso d’inglese come sempre! Il corso di inglese? Ma allora stai sempre frequentando l’istituto americano? Certo, risponde lei. L’uomo è sconcertato, non si può più fare. La figlia deve trovare un istituto locale dove studiare l’inglese. Lei risponde dicendo che quello americano è in assoluto il migliore. Lui le consiglia di studiare con i metodi “fai da te” con Cd e libri vari. Lei risponde dicendo che anche i Cd e i libri di quel tipo sono prodotti in America! L’uomo è in preda al panico, come si fa ad imparare la lingua del nemico boicottandolo! Ci penserà.

Il giorno seguente, tardo pomeriggio, l’uomo torna a casa, è felicissimo e ha un sorriso raggiante . La moglie è stupita. Si deve festeggiare, afferma lui. Lei sorride ma chiede chiarimenti. “Hai ottenuto il visto per l’America cara!”. La donna è sorpresa “Il visto per l’America? Ma io non l’ho mai chiesto”. L’uomo annuisce “Si lo so, sono stato io sei mesi fa a chiederlo per te, quando sei rimasta incinta”. La donna non capisce “Ma io non ho mai detto di voler andare in America, non mi è mai passato per la testa”. L’uomo sorride “Ma chi se ne frega di quello che vuoi, ci pensi che tuo figlio nascerà in America”. Lei replica “E allora? Per me può nascere benissimo qui”. Lui la fulmina “Come? Ma ti rendi conto di quello che dici? Tutti vorrebbero avere un figlio americano, ti rendi conto che sarà cittadino americano? E’ un sogno! Anzi ora che ci penso non lo chiameremo più Waleed, bensì William!”.

Dieci minuti di sketch, la sintesi perfetta del nostro rapporto con gli USA....tutti (o quasi) li odiano, ma alla fine tutti (o quasi) sognano di andarci!

martedì 11 dicembre 2007

Immigrato stupratore!


La tendenza attuale tra molti italiani “normali” è quella che in fondo se si pensa male degli immigrati è soprattutto per colpa loro “non sono razzista, però devi ammettere che stupri e rapine sono sempre opera di immigrati”. Ma perché la gente pensa questo? Cioè per quale motivo l’immagine dello stupratore è associata a quella dell’immigrato? Beh, andrebbe chiesto ai direttori dei TG e quotidiani nazionali e alle loro “oneste” scelte editoriali! Gli italiani non stuprano? A sentire la “gente” si direbbe proprio di no, peccato che esistono anche le cose serie, cioè le statistiche e le indagini, che poi ci dicono tutto il contrario.

Leggo sul sito del Corriere “Stupri: solo il 10% attribuibili a stranieri”. Però come al solito quando ci sono notizie che “smontano i pregiudizi” finiscono nella parte bassa, nell’angolino, in fondo al sito. Quando invece c’è da puntare il dito sempre in prima pagina, che strano!

Questo è il classico genere di notizia che ogni immigrato dovrebbe stampare e portarsi in tasca e alla prima in cui sente il “lamento italico” del tassista “nazista” o della casalinga padana sbattergli la notizia in faccia con tanto di cordialissimo biglietto di sola andata per quel paese...

lunedì 10 dicembre 2007

Palestina, cambierà qualcosa?

Sono tante le volte in cui abbiamo sentito parlare di “svolte” tra israeliani e palestinesi, si sono visti vertici e riunioni, colloqui bilaterali, mediazioni, ma alla fine non è mai cambiato nulla.
Mi meraviglio ogni volta che leggo articoli sulla stampa che parlano di Israele come uno stato che vuole la pace ma non trova il “partner”. Leggendo tali articoli mi chiedo quale criterio “intellettuale” venga adottato per assumere i giornalisti, e se come ci vogliono raccontare, nessuno intasca dollari per dire certe cose. Il problema palestinese sarà complesso, per la sua lunga storia, ma è anche banale, per la soluzione. Nel senso che volendo realmente la pace si sa benissimo cosa deve succedere, il punto è che Israele la pace la vuole unilaterale, come dire non fateci del male ma noi vogliamo comunque occuparvi in eterno!

Annapolis, tanti sorrisi, tante chiacchiere, poi che senti dire in questi giorni? Che la costruzione delle colonie nella zona Est di Gerusalemme (Abu Ghneim) procede a pieno regime e altre 307 unità abitative verranno costruite presto. La Giordania, cosa mai vista prima, protesta. L’America, cosa mai vista prima, chiede “chiarimenti”. Israele se ne infischia di amici e nemici e continua per la sua strada, loro fanno come vogliono!

Abu Mazen sa benissimo che ormai questa è l’ultima chance, i governi arabi pure. Se questa volta le cose non andranno come “promesso” sarà dura continuare con la politica del “dialogo”. Il ministro degli esteri saudita, Saud Al Faisal, prima di Annapolis ha detto in maniera abbastanza chiara che questa sarebbe stata l’ultima occasione per la pace, e che in caso di fallimento si sarebbe tornati ai tempi delle “guerre”.

Come possiamo allora interpretare l’ennesima provocazione israeliana subito dopo un vertice di pace? Annunciare la costruzione di nuove colonie in un territorio che “entro il 2008” deve essere Palestina sa proprio di presa in giro. Cercano la guerra con gli arabi? Non penso, se non altro perché sono passati 34 anni dall’ultima guerra “globale” tra arabi e israeliani. Vogliono mostrare agli integralisti interni che loro non prendono ordini dall’America? Mi sembra stupido, visto che poi dovranno cedere i territori se ci sarà la pace. Sinceramente non riesco a interpretare questa mossa israeliana se non come un chiaro messaggio di sfida nei confronti di chi pensa di “dettare” condizioni, cioè la controparte palestinese. Come dire, noi facciamo la pace, ma vi diamo quello che ci pare, quando ci pare.

E poi in occidente si chiedono perché i palestinesi vanno a votare in massa per Hamas…

lunedì 26 novembre 2007

Elezioni giordane, il resoconto.


Cinque giorni fa vi avevo parlato di elezioni in Giordania. Si sono fatte, sono usciti i risultati, è stato formato un nuovo governo e tra pochi giorni andrà in parlamento a ottenere la fiducia scontata.
Come sono andate le elezioni? Non so rispondere ad essere sincero. Come al solito l’elemento tribale è stato fondamentale, gran parte degli eletti ha alle spalle la tipica grande tribù giordana. Le tribù più grandi hanno piazzato anche 3-4 deputati! Le donne come avevo preannunciato sono rimaste poche, sei per l’esattezza, di cui una eletta senza ricorrere alle “quote rosa”.

Gli elementi nuovi sono tre. Il primo è la sonora sconfitta degli islamici, che hanno dimezzato la loro presenza in parlamento. Loro accusano il governo di “mattanza elettorale” per farli fuori, ma a parte episodi, alcuni anche gravi, rilevati sia dal governo che da osservatori neutrali, pare che nel complesso, almeno così dicono le associazioni non governative (arabe e internazionali), le elezioni siano state regolari. Certo suona a dir poco allarmante il caso rilevato da Aljazeera, ma di cui hanno parlato anche i giornali locali, di alcuni minorenni che sono riusciti a votare nelle zone beduine. Dicono che indagheranno, ma che comunque si tratta di episodi “marginali”, si vedrà…
Il secondo riguarda la caduta di molti “pezzi grossi” della politica giordana, gente che stava in parlamento da decenni. Il terzo elemento di novità sono gli uomini d’affari, i nuovi ricchi giordani, frutto della forte crescita “squilibrata” degli ultimi anni, che ha creato molti ricchi, ma anche molti più poveri. Questi uomini d’affari, piuttosto giovani, sono arrivati in parlamento con slogan e interessi esclusivamente economici, crescita forte, combattere l’inflazione, abbassare la disoccupazione i loro cavalli di battaglia. Sorge spontaneo un dubbio, se fai il businessman e arrivi in parlamento pensi prima ai tuoi interessi o a quelli di chi ti ha eletto? Lascio a voi la risposta!

Il nuovo premier incaricato è Nader Al Dahabi, ingegnere e manager, fratello del capo dei servizi segreti e fino a pochi giorni fa presidente della ASEZA, ovvero Aqaba Special Economic Zone Authority. La città di Aqaba nel 2000 venne trasformata in porto franco, pochissime tasse e tante agevolazioni, scopo dichiarato quelle di attirare investimenti. Ci sono riusciti? Diciamo a metà, si parlava di grandissimi investimenti, ce ne sono stati, ma solo in alcuni settori, turismo su tutti. Nessuna industria importante, nessuna azienda di alto livello tecnologico. Alla Giordania servono certamente gli alberghi e i grandi villaggi turistici, ma ci vuole altro per creare “sviluppo sostenibile” come nelle intenzioni. Al Dahabi è stato un buon manager, prima di Aqaba era il direttore generale della Royal Jordanian, le linee aeree giordane, che hanno avuto una discreta crescita negli ultimi anni. La scelta è ricaduta su di lui perché nelle intenzioni del sovrano, come da diversi anni ormai, l’economia deve avere la priorità su tutto. Il problema è che si rischia di continuare sulla strada degli ultimi anni, che ha prodotto molti ricchi e poveri ma linciato la classe media. Speriamo non sia così!

mercoledì 21 novembre 2007

Misteri della natura, l’uomo albero!


Stamattina leggevo su alarabiya un po’ di notizie, principalmente politiche, poi sono rimasto a dir poco scioccato dalla notizia dell’uomo albero. Ho letto bene? Si è così. Un uomo indonesiano di 35 anni, Dede, pescatore fino a pochi anni fa, colpito da una malattia rarissima ha iniziato a trasformarsi in qualcosa di simile ad un albero, il suo corpo è pieno di lesioni, le sue braccia sembrano rami con le foglie. Io non ci volevo credere, ma è proprio così.

Il peggio però per Dede doveva ancora arrivare. Il pescatore viene lasciato dalla moglie, perde il lavoro, e per guadagnare finisce in un circo come attrattiva! (la crudeltà umana non ha limiti).

Non si sa quante speranze abbia Dede, ma finalmente la comunità scientifica si è accorta di lui e alcuni medici americani hanno deciso di aiutarlo e capire esattamente cosa gli sta accadendo. Però l'Indonesia non vuole lasciarlo andare e insiste nel volerlo curare lì!

La natura, nel bene e nel male, riesce sempre a sorprenderci…

martedì 20 novembre 2007

Giordania alle urne, solita storia?


Tra circa cinque ore, alle sei di mattina qui in Italia, le sette in Giordania (il mio paese per chi non lo sapesse), si apriranno le urne per l’elezione dei 110 deputati del parlamento giordano. Direte voi “e allora”?
In effetti la Giordania non è certamente un paese importante da suscitare l’interesse del lettore occidentale in tali elezioni, non ha sicuramente il peso politico e l’importanza dell’Egitto o la delicatezza e il fascino del Libano, però viene catalogato spesso, insieme ad altri paesi simili retti da monarchie filo-occidentali, come “democratico”. Ne vorrei parlare un po’…

Il concetto di democrazia è indubbiamente complesso, tutto è democrazia e nulla lo è. Le scelte in famiglia su chi deve fare un determinato compito sono "democrazia". Anche le elezioni tribali tra i beduini per scegliere un loro sceicco sono in un certo senso “democrazia”.
Allora cosa voglio dire? Che la Giordania è un esempio lampante di come la democrazia non si può imporre perché quando manca la “cultura democratica” non se ne fa niente. Il sistema ad Amman è democratico, almeno a livello parlamentare, visto che poi il governo è di fatto nominato dal sovrano e successivamente passa in parlamento per la fiducia che chiaramente diventa automatica viste le indicazioni giunte “dall’alto”!

Possiamo quindi dire che almeno il parlamento in Giordania è una forma di democrazia, come viene intesa in occidente? Ecco, non proprio. Per vari motivi, il primo è quello legato alla sua “limitata” autorità, per esempio non ha nulla a che fare con la politica estera del paese. Il secondo riguarda la poca maturità politica della società giordana, che dimostra come la democrazia nel vero senso del termine non è solo elezioni e urne. Nel parlamento giordano ci arrivano quasi sempre quelli che alle spalle hanno grandi tribù. Perché nonostante lo sforzo continuo di far maturare la società civile il voto va quasi sempre, in un paese di cinque milioni di abitanti e decine di tribù con migliaia di appartenenti, al cugino, allo zio, al parente lontano. Solo un numero esiguo di rappresentanti vince perché rappresenta un pensiero politico, quasi tutti sono islamici, poi ci sono sempre quei due socialisti arabi incalliti e il comunista accanito. Novanta e passa deputati rappresentano solo se stessi, non hanno alcun legame con partiti politici o movimenti e vincono solo per la tribù di appartenenza e per la disponibilità finanziaria necessaria a farsi una bella campagna elettorale fatta di grandi pranzi e promesse a dir poco “fantastiche”! In sostanza una tribù unisce i suoi “figlioli” migliori, li valuta e poi decide che tizio, laureato a Londra, Master e Boston e alto dirigente aziendale, è quello giusto da mandare in parlamento, perché da una parte resterà fedele alla tribù dati i legami di sangue quasi “sacri” nella società giordana, dall’altra sarà in grado di mostrare al mondo un volto “colto” e “moderno” della Giordania.

Negli ultimi anni si “sente” la voglia, sia nella società che nelle autorità, di dare una svolta a questo modo di fare “democrazia”. Gli ultimi giorni sulla tv giordana sono stati un susseguirsi di programmi che in sostanza dicevano due cose, di votare con coscienza per la nazione e non per la tribù e di scegliere le idee, non i nomi. Si è parlato molto di donne, che hanno un “quota rosa” che garantisce sei seggi minimi. La volta scorsa se non fosse stato per la “quota” non ci sarebbe stata neanche una parlamentare, e pare che a “stroncare” la carriera politica delle candidate donne siano le donne stesse. Questa volta su 900 candidati 200 sono donne, le aspettative sono molte, ma credo che anche questa volta difficilmente riusciranno ad andare oltre ai 5-10 seggi.

In Giordania si vota dagli anni cinquanta, ci sono stati alti e bassi, secondo alcuni il parlamento contava più cinquanta anni fa che oggi. Altri non hanno mai creduto nella democrazia giordana. Poi ci sono gli speranzosi, tra questi mi ci infilo anch’io. Elementi per sperare ci sono, il principale è la giovane età della società giordana, dove circa la metà della popolazione ha meno di 30 anni e i giovani sono, in ogni società del mondo, il vero motore del cambiamento. Chi vivrà vedrà!

domenica 11 novembre 2007

Scusate...La chiesa è chiusa!


E' bastata un po' di "pubblicità" dei vari "amici leghisti" per ribaltare il tutto. Ma quale chiesa aperta ai musulmani, era solo una stanzina così tanto per fare! Poi come se non bastasse il sondaggio del corriere si è letteralmente "accodato" al pensiero leghista, alle 23.35 di oggi vince il No all'iniziativa del parroco, con il 51.6%.


Solo l'ennesima conferma della "campagna mediatica" che questo paese ha messo in piedi contro ogni cosa che abbia a che fare con un musulmano, che si tratti di piselli circoncisi o marocchini maneschi sempre in prima pagina si va a finire! Poi ti dicono di non credere al "complotto"...


SALAM!

sabato 10 novembre 2007

Una chiesa aperta ai musulmani


Oggi sul corriere ho letto una notizia piacevole, che chiaramente ai più, fan di Allam soprattutto, non è piaciuta per niente. Il venerdì una chiesa di un paesino veneto offre uno spazio apposito ai musulmani per pregare, in nome del dialogo tra le religioni. Inutile dirvi che il povero don Aldo Danieli è già sotto accusa, per alcuni sicuramente è un terrorista!

Poi gira e rigira tornano a parlare di "reciprocità negata”. In alcuni paesi è così, non lo nego, non sono certo modelli di “armonia tra le fedi” paesi come l’Arabia o l’Afghanistan. Ma perché ogni volta si parla di questi due paesi, diciamo anche tre, e non delle decine nei quali si convive in pace da secoli? L’Italia vuole essere l’Arabia d’Europa? Mi va benissimo, basta dirlo, però poi devono smetterla con tutti quei discorsi sulla “superiorità occidentale”.
E’ a dir poco paradossale vedere che gli stessi elementi che affermano la superiorità del modello occidentale, della democrazia e della laicità, si strappano i capelli quando non si fa altro che applicare i principi del loro modello. “Noi siamo superiori perché da noi c’è la libertà di culto”….. “No alle moschee in casa nostra”. Ma un goccino di grappa in meno la mattina no eh?

P.S: devo aggiungere, e sinceramente ne sono molto contento e positivamente colpito, che il 57.8% dei 9988 votanti al sondaggio "sei d'accordo con la scelta del parroco?" alle 12.50 di oggi ha detto Sì!!

domenica 4 novembre 2007

Divieto di caccia all'immigrato!


Questi ultimi sono stati giorni duri per ogni immigrato. Rumeno o marocchino che sia non cambia. Devo dire che in questi giorni l’Italia mi ha “fatto paura”. Certo, si potrebbe parlare di reazione “emotiva” dopo un crimine a dir poco cruento, però tutto ha un limite.

Si può criminalizzare un'intera comunità, una categoria intera, quella degli immigrati, per il crimine compiuto da un singolo individuo? Qualcuno parla di gocce e di vasi. Capisco, ma perché queste gocce e questi vasi non si vedono quando ad aggredire sono napoletani, romani, milanesi. Perché nessuno va a punire tutti i ragazzini della fascia 11-15 anni visto che in giro è pieno di babygang che gettano nel terrore quartieri interi?

Il crimine è solo lo strumento, il veicolo, per far venire fuori il razzismo che c’è in ogni singolo individuo già infetto. Sei già convinto di essere “superiore” ma aspetti la dimostrazione. Eccola, ora posso dire che “noi siamo diversi”. Ma diversi da chi? Vi immaginate se in America dopo l’ennesimo crimine italico ai tempi della Mafia si fossero presi la comodità di “deportare” gli italiani? Oggi non ci sarebbe tutto quel dire con il petto tanto gonfio “noi abbiamo fatto l’America”!
Sei arrabbiato? Ti capisco, ma non devi insultare me, né Mircea, né Mamadou. Te la devi prendere con la repubblica delle banane che l’Italia è. Con il paese in cui nessuno è mai responsabile dei propri errori, dal premier in giù. Nel paese in cui “dimettersi” è qualcosa di inimmaginabile. Nel paese in cui il “falso in bilancio” è, o meglio era, una semplice bravata (in America ti buttano dentro e gettano le chiavi a mare, tanto per intenderci). Vogliamo parlare di gocce? Parliamone. Questa non è l’ennesima goccia di “immigrato criminale” ma l’ennesima goccia d’Italia che non funziona. Ho sentito delle parole sensate dalla Bonino “le leggi esistono già, basta applicarle”. Non si fanno le leggi “per i rumeni” o quelle per questa o quella comunità. Si applicano quelle che ci sono. Hai sbagliato, paghi!

L’ho sempre pensato, i primi a voler vedere la legge rispettata e l’applicazione del banalissimo principio secondo cui chi sbaglia paga sono gli immigrati onesti che vivono e lavorano in questo paese e che pur non avendo mai torto un capello a nessuno si trovano sempre sul banco degli imputati per colpa di questo o quel criminale di turno.

Consiglio a tutti la lettura del rapporto del ministero degli interni sulla criminalità in Italia negli ultimi decenni, tanto per capire che il rapporto immigrazione-criminalità è solo qualcosa di mediatico e strumentalizzato a fini politici. ( gli omicidi sono passati da 1900 nel 1991 a 600 nel 2006, cioè nel periodo in cui l'immigrazione è diventata un fenomeno sociale).

lunedì 29 ottobre 2007

Algeria, le riforme alla "baguette"!


Nelle ultime settimane sta montando in Algeria la rabbia e lo sdegno popolare per i nuovi testi scolastici. Dopo le “riforme” infatti, i libri di Storia e di educazione civica per le elementari e le medie sono stati rivisti “alla francese”.

I bambini della quinta elementare non potranno più leggere la versione originale di Kassaman, poesia e inno nazionale di Mufdi Zakaria, il poeta rivoluzionario, i cui versetti sfidavano la Francia colonialista. In sostanza un passaggio che si può tradurre così “O Francia! Oltre è il periodo dei palavers / Noi l’abbiamo chiuso come chiudiamo un libro / O Francia! Il giorno per fare i conti è venuto! Preparati! Qui è la nostra risposta! Il verdetto, la nostra rivoluzione ce lo renderà / Siamo determinati che l'Algeria vivrà, siate testimoni – siate testimoni – siate testimoni” non compare più nel testo!
Questo però è nulla in confronto a quello che si legge nel testo di Storia per le medie. La Francia viene definita “forza liberatrice” dalla “colonizzazione ottomana” e descrive i rivoluzionari e i mujahedin che lottarono per l’indipendenza come “fondamentalisti estremisti”. Inutile dire che insegnanti e genitori sono rimasti scioccati da tale stravolgimento nella storia del paese.

Ora qui voglio fare un parallelismo. Da più parti si sente dire che “è inaccettabile censurare qualcosa solo perché offende i musulmani” in riferimento a opere teatrali o letterarie in cui l’insulto all’Islam è piuttosto palese. In nome della libertà d’espressione accetto. Mi sembra ambiguo però il fatto che di contromisura molti paesi occidentali debbano decidere cosa e come insegnare la Storia e altro ai nostri giovani. Insultare Maometto si può ma ricordare i massacri della Francia colonialista no perché offende i francesi? Scusate ma così non ci sto!

martedì 23 ottobre 2007

Quando il fratello è brasiliano


Pochi giorni fa gli ultimi profughi palestinesi in fuga da Baghdad, bloccati tra Iraq, Giordania e Siria, hanno lasciato la zona verso il Brasile. Mi risulta che Cile e Canada si erano resi disponibili ad ospitarne una parte. Erano poche centinaia quelli rimasti sospesi nella terra di nessuno per “burocrazia”. Nessun paese arabo, se non Yemen e Sudan in extremis, gli avevano dato diritto di asilo. Quattro anni e mezzo nel deserto sotto le tende, soffrendo il caldo e il freddo, l’umidità, la mancanza di qualsiasi cosa, vivendo con quel poco che gli veniva passato dalle associazioni umanitarie. Per quattro anni e mezzo hanno vissuto come cani, direi peggio dei cani di un qualsiasi paese civile. Tra questi c’era anche un signore con un curriculum di tutto rispetto, una laurea, un master e un dottorato di ricerca in Genetica. Ma tanto siamo talmente saturi di cervelli dalle nostre parti che li lasciamo andare così!

Il bello è che ci scaldiamo sempre parlando di “fratellanza” e “nazione araba”. Ma ci rendiamo conto che sono solo chiacchiere? Non ho visto le piazze del Cairo e di Damasco piene di gente per solidarietà ai nostri “fratelli” nel deserto, non ho visto titoli di giornali duri con i governi. Ho visto qualcosa sulle tv satellitari proprio alla fine, tanto per “piangere sul latte versato”. Ho visto un giornalista giordano dire su Aljazeera con tono polemico che “questa è una vergogna per tutti i governi arabi”. Era incluso anche il suo?

E’ una vera vergogna non solo per i governi, che tanto ci deluderanno sempre, ma lo è per noi cittadini arabi, che ormai non ci mobilitiamo più per niente se non “telecomandati”. Le vignette ci hanno recato un’offesa pesante, sono d’accordo, ma lì c’era solo da protestare civilmente, senza quelle vergognose violenze che si sono viste. Ora invece quando ci sarebbe da infiammare le piazze, da occupare palazzi governativi da destinare a questi profughi, in poche parole da “tirare fuori le palle”, dimostriamo quello che valiamo veramente, nulla. Alzi la mano chi non è d’accordo!

sabato 20 ottobre 2007

Arabi a Kirkuk, storia di una doppia immigrazione


Ultimamente si parla molto di divisione dell’Iraq, autonomie, Kurdistan. Le autorità irachene hanno istituito già da tempo un fondo per “rimborsare” agli iracheni del sud (arabi) vissuti a Kirkuk per decenni il loro ritorno nelle zone di origine. Questi devono andarsene per ripristinare l’equilibrio etnico della città! Vi riporto quello che ci racconta a proposito il quotidiano Asharq al Awsat.

Abu Mohammad ha oggi 60 anni, si era trasferito a Kirkuk 28 anni fa, quando Saddam offriva degli incentivi a chi si trasferiva a Nord, ma le cose non sono più come una volta. Il mix di etnie che ha reso ricca Kirkuk, curdi, arabi, turcmeni , assiri,è oggi la scintilla di tutte le violenze. Il sig.Abu Mohammad, arabo, ha deciso di accettare il “rimborso” (sedicimila dollari circa) per tornarsene con la sua famiglia di dieci persone a Samawa nel sud. “Ho pensato fosse meglio andarsene, tanto alla fine volenti o nolenti tutti gli arabi se ne dovranno andare”. Questo piano di “normalizzazione” ha come obiettivo quello di ripristinare la distribuzione etnica nella città prima degli anni settanta e ottanta, quando Saddam avviò una specie di “arabizzazione” del nord. Il piano è uno degli elementi più importanti del referendum che dovrà tenersi a fine anno sul da farsi a Kirkuk, che i curdi vorrebbero facente parte della loro zona autonoma.

Alcuni temono che gli arabi e i turcmeni, che non vogliono lasciare la città, possano dare inizio a forti scontri nel caso di un referendum vincolante sul loro destino. Le cifre sulla presenza araba a Kirkuk non sono molto precise, alcuni parlano di 70 mila nuclei famigliari, altri addirittura di 135 mila, comunque pare che almeno un terzo degli abitanti si possa ritenere “arabo”.
Jbouri, membro del comitato per il “rimborso” degli arabi, afferma che molte famiglie arabe, mille all’incirca, si sono registrate per lasciare la città e che molti l’avevano già fatto per le violenze e ora hanno registrato i propri nomi per avere diritto al rimborso.

Umm Zainab, 50 anni e madre di sette figli, dice di non sopportare più le restrizioni contro gli arabi e ha proseguito “non mi è più possibile lavorare a Kirkuk, per questo voglio tornare ad Amara”, una piccola città sciita del sud. Aggiunge “sono stata qui per oltre 25 anni ma per quanto si possa rimanere ci sentiremo sempre degli stranieri”.

Un'altra triste storia di immigrazione “extracomunitaria”…

mercoledì 17 ottobre 2007

Una "piccola" distrazione…


Stamattina Aljazeera ci racconta di un missile Patriot (intercettore terra-aria) che sarebbe partito in nottata per errore dalla base di Sailiyah (comando centrale statunitense nel golfo persico) vicino a Doha andando a finire su una fattoria in mezzo al deserto del Qatar senza provocare vittime fortunatamente. Il pentagono conferma la notizia.

Che volete che sia, hanno pigiato il tasto sbagliato…doveva essere il primo missile su Teheran!

lunedì 15 ottobre 2007

Se i moderati sono come Tantawi!


Il termine “musulmano moderato” è stato coniato in occidente, successivamente tradotto in arabo. Moderazione e “wasatiyya” (via di mezzo) sono caratteristiche insite nella dottrina islamica, per questo non c’era bisogno di sottolinearle con un termine apposito. La politica può tutto e ha riproposto in materia religiosa qualcosa che non lo è. Determinate ideologie islamiche “estreme” sono politiche con “risorse” religiose, non il contrario. Sono progetti politici che usano la religione, la plasmano e ne assumono il controllo finendo per confondere Islam con Islamismo politico. Certo come dice Miguel nel suo ottimo pezzo sull’Islam non è assolutamente facile distinguere la religione dalla politica, dando per scontato che quasi tutte le religioni “impartiscono” un sistema valoriale e di pensiero dal quale scaturiscono poi le nostre azioni politiche e che oltre alle religioni “ufficiali” ce ne sono decine non recepite come tali, vedi il consumismo per esempio. Inoltre l’Islam ha un senso comunitario molto spiccato, la vera fede si realizza in un progetto di vita comunitario che rispecchi nel migliore dei modi i valori dell’Islam, da ciò forse il suo più complicato rapporto con la politica.

Attualmente a riguardo il dibattito politico/culturale interno al mondo islamico è piuttosto vivo. Ci siamo smarriti sulla via della globalizzazione e non ci siamo ancora ripresi. Quando in genere una persona è in coma si ritiene fondamentale il risveglio, da lì capisci tutto, se si riprenderà o no, se ha subito lesioni irreversibili,ecc. Noi siamo in quella fase, ci dobbiamo svegliare dal coma. Il problema è come dobbiamo essere una volta svegli! Ecco quindi che spuntano, sempre più forti, gli echi di un passato glorioso, in cui la ummah era forte, stabile, prospera e dinamica. Tra le varie “sfumature” islamiche la corrente salafita (i sauditi) è predominante, per tanti motivi, non per ultimi quelli economici. I salafiti sono schietti, diretti, chiari e onesti. Sanno cosa vogliono e fanno propaganda per il loro modello “teocratico” di stato. La domanda sorge spontanea, le alternative? Ecco, qui casca l’asino! Tutto quello che ora governa è da buttare, quindi automaticamente i nazionalismi, socialismi, monarchie perdono colpi e rimane solo l’alternativa “Islam moderato” come risposta al “radicalismo” dei salafiti. Ad essere sincero vedo poco altro. Non è un discorso di convinzione, quanto di un meccanismo di rigetto verso tutto ciò che viene proposto dall’alto. I sistemi “liberali” di molti paesi cosiddetti “moderati” sono sinonimo di corruzione. Sono troppo “remissivi” su questioni cruciali per le masse arabe (vedi Palestina) e in realtà pur professandosi democratici sono esattamente l’opposto con repressione (magari più soft di altri) dei dissidenti. I “socialisti arabi” come Assad si reggono in piedi grazie a un sistema poliziesco che ti controlla anche quando vai in bagno. Da qui la scelta “islamica” delle masse. Ci sarebbe il comunismo che ha qualche adepto ma non certo i numeri per governare.

Il problema è l’intreccio, piuttosto pesante, che c’è tra noti esponenti di questo “Islam moderato” e i palazzi. Un esempio lampante è Tantawi, noto mufti di Al Azhar, che più volte è stato accusato di essere portatore di un “Islam alla Mubarak”. Uscite come l’ultima di pochi giorni fa, che ha sollevato un mare di polemiche, non aiutano certo a smentire tale fama. Il mufti ha affermato che i giornalisti che scrivono menzogne meriterebbero la fustigazione! Considerando che nelle ultime settimane tra la stampa e il palazzo ci sono forti tensioni dopo la repressione contro alcuni giornalisti accusati di “riportare notizie false” su Mubarak, le parole di Tantawi sanno proprio di “fatwa presidenziale”. Ecco perché i salafiti fanno presa e gli altri (per ora) no…

giovedì 11 ottobre 2007

Eid Mubarak


Auguro a tutti i fratelli/sorelle Eid Mubarak. Sperando che l'anno prossimo il Ramadan trovi un mondo migliore...


mercoledì 10 ottobre 2007

Magdi, dacci un po’ di varietà!


In televisione ormai si vede solo Allam quando c’è da parlare di Islam. La cosa mi preoccupa non poco. Alcuni giorni fa era da Marzullo, affermando le solite cose. L’altro ieri era da Alain Elkann nel programma “l’intervista”. Le parole sono sempre le stesse, scritto o parlato Allam è sempre quello. Nichilismo, crisi dei valori, relativismo, cultura dell’odio, ecc. Quando parla sai già cosa dirà, è un caso unico. Ci sono tanti giornalisti e “intellettuali” (categoria che non riguarda il nostro simpatico scrittore) che affermano le stesse cose ogni qualvolta ce ne sia bisogno, ma almeno lo fanno in salse diverse. Allam ripete non solo gli stessi concetti, ma con le stesse parole, le stesse frasi. Potrebbe benissimo mandare un registratore al posto suo!

Devo dire che Elkann era piuttosto sconvolto, gli si leggeva in faccia, da tanta “tragedia” prevista dal giornalista egiziano. Non c’era speranza, tutti i paesi musulmani erano messi male e con pessime prospettive ideologiche. L’Egitto? “in effetti sono molto preoccupato”. Il Marocco? “sono piuttosto preoccupato”. La Turchia? “sono veramente preoccupato”. Gira e rigira c’è sempre da preoccuparsi. Quelli perché vogliono “islamizzare la costituzione”, gli altri perché “i partiti islamici sono comunque forti”. Tutto questo parlando del suo ultimo libro, quel capolavoro intitolato “Viva Israele”! Ovviamente cosa ha detto su ciò? Che la radice del male è lì, che “negando il diritto alla vita degli altri si finisce per negarlo a se stessi”. Chissà come mai mi sembra di averle già sentite queste parole. Che c’entra poi la vita degli altri con un problema politico ben preciso come quello mediorientale non si sa. Facciamo così Allam, io domani vengo e mi stabilisco a casa sua, successivamente inizieranno ad arrivare i miei parenti, poi non ci sarà più spazio per lei e ci dovrà salutare. Se avrà da ridire su tutto ciò sarà per “la cultura dell’odio nella quale è cresciuto”. Intesi?

domenica 7 ottobre 2007

Musharraf rieletto, viva la democrazia al curry!


Non sono un analista politico, il Pakistan non l’ho mai visitato e di amici pachistani non ne ho. Però su Musharraf tanto amato dal popolo non ci ho mai creduto. Basta guardare i tg per rendersi conto che in certe zone del Pakistan non ci può nemmeno mettere piede altrimenti salta, in aria intendo. I pochi pachistani che ho conosciuto in passato erano tutti per un’idea molto chiara di stato, repubblica islamica dove vige la sharia, una specie di Arabia bis ma più democratica. Un Iran sunnita in un certo senso. Ammetto di aver conosciuto solo persone semplici, gente proveniente da villaggi e campagne, mai avvocati e medici di Islamabad, ma la gente dei villaggi è una bella fetta di quel paese direi!

Ha vinto Musharraf, in attesa del “verdetto” della corte suprema, scontato direi. Ci vorrei anche credere nella democrazia pakistana, ma non mi riesce. Il fatto è che c’è sempre quella macchia tipica di tutte le elezioni dalle nostre parti. Mai uno che vinca per un pelo, per un pugno di voti, si deve sempre stravincere! Certo ci saranno anche dei fessi che ci credono, ma un po’ di rispetto per l’elettore non guasterebbe, una presa per il culo più “elaborata”, insomma stile Bush - Gore del 2000. Un po’ di voti in sospeso e poi la vittoria, e invece no, da noi non amano il “political thriller”, si vince sempre alla grande. Il presidente è amato, tutti lo amano, si venderebbero la moglie per lui!

Che dire, ci sarà Alqaeda in Pakistan, ci sarà una situazione esplosiva per cui lasciare il paese ai talebani e amici incendierebbe l’intera zona, tutto quello che volete, ma almeno che ce lo dicano chiaramente. Queste sceneggiate sono il peggio che si possa vedere, e il meglio per tutti quelli che credono in Osama e company. ''Solo promuovendo la democrazia e lo Stato di diritto si combatte il fondamentalismo'', dice Munir Malek, leader del movimento degli avvocati, gruppo di opposizione a Musharraf. Non fa una grinza!

Ehi America, ti posso dare un consiglio? Smettila di appoggiare certi presidenti “moderati” se non vuoi vedere Osama presidente tra dieci anni, fallo per il tuo e il nostro bene. Thanks...

venerdì 5 ottobre 2007

I wish...


Sugli arabi e i musulmani se ne dicono tante, di cotte e di crude. Ci sono pensieri cattivi e maligni, razzisti, che invitano alla violenza contro di loro, ma non sempre è così. Ci sono anche critiche sincere. Una cosa va detta, bisogna trovare sempre il coraggio di guardarsi dentro.

Siamo come dovremmo essere? Non lo siamo.
Prendersi in giro è inutile, il mondo arabo è pieno di cose da eliminare, cambiare, migliorare. Amo il mio mondo, considero il suo “cuore” buono e pieno di amore e fratellanza, ma di cose che vorrei cambiare ce ne sono tante.

Vorrei che nessuno uccidesse degli innocenti in nome di Allah…

Vorrei vedere la democrazia che nasce dal popolo, i movimenti di piazza, i volantini…

Vorrei sentire critiche anche alle carceri sparse nel nostro mondo, non solo Abu Ghreib

Vorrei che nessun musulmano considerasse l’Islam vero solo quello suo…

Vorrei che ci fosse più apertura tra le diverse ideologie e correnti politiche…

Vorrei sentire i giovani parlare di libri e politica, non solo degli ultimi videoclip…

Vorrei che gli arabi capissero le eccezionali potenzialità di internet, che non è una chat room

Vorrei che si investisse nell’industria e non nei centri commerciali…

Vorrei seguire un dibattito in tv senza urlatori e accuse reciproche…

Vorrei vedere gli arabi spostarsi tra stati limitrofi senza burocrazia e visti assurdi…

Vorrei…vorrei…vorrei. Tante cose vorrei per questo mondo, ma un buon inizio sarebbe quello di aprirsi alle critiche, accettare il confronto. Nessuna società migliora da sola, la storia ce lo insegna!

lunedì 1 ottobre 2007

La Birmania? Ma pensate a Sderot !!


Come fai a capire che uno ha torto marcio e nemmeno un briciolo di obiettività? Non sempre è facile, ma a volte basta poco. Vediamo un esempio “significativo”.

Oggi sono andato a sfogliare il forum di Allam. Pur avendolo abbandonato da anni come partecipante ogni tanto vado a buttare l’occhio da lettore, principalmente per rendermi conto di quanta follia ci sia in giro. Raramente si leggono messaggi sensati da quelle parti. Vi dicevo del torto e la ragione. Quando leggi sul forum, messo anche in rilievo, un post dal titolo “Sderot e Birmania” ti rendi conto che non c’è limite al delirio di certa gente. In sintesi un membro del forum s’indigna perché il mondo si solleva per la Birmania ma non per Sderot! Non è uno scherzo, potete andare a controllare!
Sderot è una cittadina israeliana, l’unica raggiungibile con i “missili qassam” dalla striscia di Gaza, da un po’ di tempo viene bersagliata da questi “sofisticatissimi” e “devastanti” missili fatti in casa, nel vero senso del termine. Una decina di vittime circa dall’inizio della seconda intifada nel 2000. Questa è l’arma con la quale i palestinesi rispondono alle incursioni israeliane fatte di Apache, F-16 e carri armati che fanno decine di vittime alla settimana, non al decennio.

Ora noi tutti, se avessimo un po’ di dignità, ci dovremmo vestire con i colori di Sderot e non della Birmania. Ma si sentono bene in quel forum? Se proprio mi devo vestire con i colori di una città martoriata, affamata, distrutta e bagnata quotidianamente dal sangue di innocenti questa è Gaza, non certo Sderot.
Poi ti dicono di non cedere al V-pensiero…

venerdì 28 settembre 2007

Il Congresso e l’Iraq da dividere


Ricordo benissimo le affermazioni di molti amici arabi prima della guerra in Iraq “vedrai che alla fine è tutto un piano per dividere gli stati potenzialmente ricchi in piccoli stati insignificanti per controllarli”. Già dopo il 2001 circolavano in rete “idee” di generali americani per dividere l’Arabia Saudita in più stati. Proprio così. Io a differenza di molti arabi non sono uno che crede più di tanto nel complotto. Possono esistere complotti qui e lì, ma che siano la regola non ci credo, forse perché mi voglio illudere che dopo tutto il mondo è ancora un posto bello.
Certo dopo aver letto del congresso americano che approva “in modo non vincolante” una proposta per dividere l’Iraq in tre stati (curdo,sunnita,sciita) le mie certezze traballano non poco. Era tutto pianificato? Spaccare l’Iraq con scelte discutibili come quella di sciogliere l’esercito per mettere sciiti e sunniti gli uni contro gli altri e poi dire “l’unica ora è dividere l’Iraq”?

Teoricamente gli americani vantano i migliori analisti, esperti, tattici, militari. Nella pratica non hanno fatto una sola scelta azzeccata in Iraq. Una serie di errori uno più grosso dell’altro fino a distruggere quel poco che c’era in Iraq e scatenare una guerra fratricida. Ieri in tv c’era Al Hashimi, il vice presidente iracheno, che visitava (con tante telecamere al seguito) un centro per minorenni, tutti torturati dopo la caduta di Saddam, nel “nuovo Iraq democratico”. Non uno o due casi, centinaia. Tredicenni picchiati a sangue, bastonati, stuprati dalla polizia irachena. Motivo? Erano dei “sospetti” perché avevano tutti cognomi sunniti! La spaccatura c’era anche prima, non lo nego, ma gli americani hanno fatto di tutto per allontanare le parti, hanno punito collettivamente città sunnite come Fallujah, hanno riempito le carceri di sunniti solo perché avevano legami col partito Baath, quando è ben noto che sotto Saddam erano tutti nel Baath! Hanno consegnato la polizia agli sciiti, escludendo di fatto i sunniti dall’ordine pubblico. Poi arriva un giorno e ti dicono “oh quanto ci dispiace, noi abbiamo fatto di tutto ma l’unica ora è dividere l’Iraq”. No cari miei, non si può fare. L’Iraq è la culla delle civiltà antiche, è la storia antica e recente del mondo arabo, è le mille e una notte. Ve lo devo proprio dire, yankee go home…all’Iraq ci penseranno gli iracheni
.

Studio in Bahrein: il 57 % dei kamikaze non è religoso


Ormai in occidente il connubio Islam = terrore è stato inculcato per bene a ogni singolo cittadino. Una dose mattutina, una pomeridiana e una prima della nanna. Un mese di trattamento e poi dicono tutti le stesse cose “non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani” o “come mai solo i musulmani si fanno esplodere?” e tante altre “finezze” da grandi esperti di mondo islamico e mediorientale.

Nel mondo arabo, al contrario di quanto si possa credere qui, è in atto da anni un dibattito molto acceso sul terrorismo, le sue cause, le sue radici, il fascino che può esercitare una certa ideologia “vendicativa” su di una gioventù smarrita e arrabbiata e con poche prospettive future. Sul network Alarabiya, tra i maggiori canali d’informazione nel mondo arabo, va in onda un programma che s’intitola “l’industria della morte”. Parla di terrorismo, ideologie radicali e via dicendo. Nell’ultima puntata un esperto del
“Gulf centre for strategic studies” del Bahrein ha reso noto uno studio dal quale si evince che il 57% degli attentati eseguiti tramite kamikaze sono stati adottati da gruppi non religiosi.

Secondo lo studio gruppi come le “tigri Tamil” dello Sri Lanka o il PKK curdo hanno adottato il metodo kamikaze decenni prima dei gruppi islamici. I Tamil addestravano i bambini all’età di dieci anni per un periodo di circa tre anni, dopo i quali il kamikaze era pronto all’azione senza esitazione.
Un dato significativo che emerge dallo studio è come lo stupro delle donne in Cecenia, da parte dei soldati russi, abbia trasformato molte di loro in kamikaze contro i russi. Infatti ben il 42% degli attentati ceceni sono opera di donne, spesso vittime di stupro, altre volte disperate che hanno perso marito e figli in guerra.

Non dico questo per sminuire il problema “terrorismo islamico”. Ma forse andrebbe ridimensionato il fattore religioso a favore di altri, sociali, umani, economici, politici, che portano uomini e donne, a latitudini diverse, a optare per una scelta così estrema per danneggiare chi è visto come il nemico.
Lo stesso Binladen si è tradito più volte, rivelando nei suoi discorsi le cause “terrene” del suo odio verso l’America, la presenza di truppe americane nei paesi del golfo, il petrolio in mano alle multinazionali, l’invasione israeliana del Libano nel 1982, il sostegno americano ai regimi corrotti della zona. Sta a vedere che anche Osama più che “punire gli infedeli” vuole, sempre che sia ancora vivo, realizzare una sua precisa agenda politica…

mercoledì 26 settembre 2007

Allam e il velo “imperialista”!


Ieri Magdi Allam tanto per cambiare ha puntato il dito sui musulmani in toto. Le velate sono tutte integraliste appartenenti a un' ideologia “imperialista islamica” che vuole dominare il mondo. Ecco, quindi tutte quelle signore e signorine che conosco, semplici donne religiose e con valori sani, magari un po’ “all’antica” per gli standard occidentali, come potevano essere qui le nostre nonne, sono in realtà delle pericolosissime donne imperialiste! Eppure le mie carissime zie non sanno nemmeno dove si trova l’Italia da conquistare, i loro problemi sono il lavoro del figlio, il matrimonio della figlia, l’affitto della casa e via dicendo. Il velo lo portano perché nella religione islamica, per quanto Allam possa continuare a negarlo, ci sono versetti coranici e detti del profeta che indicano chiaramente il velo come indumento femminile “atto a garantire la purezza e la moralità nella società”. Si può obiettare su ciò, nel senso che uno potrebbe dire che nel 2007, con internet, le tv satellitari, playboy e tutto il resto, questa “moralità” va a farsi benedire e non è certo un ciuffo di capelli a scatenare il putiferio sessuale! Personalmente, se il signore mi avesse creato senza i testicoli, avrei sicuramente posizionato il velo in fondo alla lista delle mie priorità religiose, avrei pensato prima a tante altre cose che spesso molte velate trascurano.

Nell’Islam oltre alla “morale sessuale” c’è anche una “morale verbale”, una comportamentale, una economica e tante altre. Nell’Islam, un po’ come diceva Gesù, il ricco deve cercare di liberarsi della sua ricchezza, perché questa può impedirgli l’ingresso in paradiso, specie se il suo vicino, o il vicino del suo vicino, e si va avanti fino a 70 gradi di vicinato, soffre la povertà e la miseria. Siccome tale condizione è certamente verificata in quasi tutti i paesi musulmani (escludiamo Emirati e simili) è chiaro che nell’Islam oggi, volendo essere rigidi, non si può godere della propria ricchezza data la povertà diffusa. Eppure di donne velate piene di ciondoloni d’oro il mondo arabo è stracolmo, un controsenso? In un certo senso si. Prima smettiamola di mentire, di essere avidi, di giudicare il prossimo, di trascurare i poveri, poi casomai mettiamoci il velo per aspirare alla “perfezione”. Questo è il mio pensiero. Ma detto ciò, caro Allam, ci risparmi la storia delle “velate imperialiste”, è troppo grossa per andare giù!

L'Iran è veramente un pericolo?


Ammettiamolo, avere fiducia in Bush non è facile, non c’entra l’essere di destra o sinistra, ma diciamolo chiaramente, ci ha raccontato troppe cavolate sull’Iraq, prima erano le armi di distruzione di massa, poi i legami tra Saddam e Alqaeda, e infine quando non sapeva più che dire ha tirato fuori la democrazia agli iracheni. Non proprio una cosa bella da vedersi. Dicono tanto che il popolo è sovrano, ma poi si va in guerra mentendo a tutti e nessuno ne paga le conseguenze.

Ora c’è l’Iran, gli americani ci raccontano che gli ayatollah vogliono la bomba. L’agenzia internazionale per l’energia atomica però
non ha rilevato nulla di sospetto. Un po’ la stessa storia dell’Iraq, gli ispettori non trovavano niente, gli americani facevano pressione su di loro perché dicessero qualcosa che facesse credere il contrario, alla fine Powell fece la sua famosa sceneggiata alle nazioni unite parlando di Uranio dall’Africa e via dicendo, tutto inventato, e l’incubo della guerra divenne realtà. Stiamo ripercorrendo la stessa strada? Bastano le affermazioni di Ahmadinejad su Israele “cancro da estirpare” per ritenere l’Iran in procinto di produrre l’atomica da gettare poi su Tel Aviv? Saranno anche grandi nemici di Israele, ma stupidi non lo sono di certo, sanno benissimo che anche volendo realmente distruggere lo stato ebraico si condannerebbero alla distruzione totale, perché Israele ha decine di testate già belle pronte e puntate, l’Iran, sempre che sia tutto vero, potrebbe produrne una per il 2010 secondo gli esperti. Si può essere talmente stupidi da buttare una bomba sul nemico sapendo che te ne arriveranno poi venti in testa? Quindi, sempre che sia tutto vero, la corsa dell’Iran all’atomica si potrebbe leggere più come deterrente contro attacchi nemici dopo aver visto quello che è successo al vicino Iraq. Personalmente non credo a quello che va affermando Bush, ma anche se fosse, chi è dei due che cerca di evitare la catastrofe? E’ l’America che bombardando l’Iran vuole impedirne l’ingresso nel “club atomico” perché diventerebbe un pericolo per i suoi vicini, o è l’Iran che con il nucleare vuole garantirsi da invasioni nemiche tipo quella americana in Iraq? Mi sa che anche questa volta la risposta ci arriverà quando sarà ormai troppo tardi…

Perchè scrivere?


Non è la prima volta che decido di scrivere quello che penso in rete. L’ho fatto altre volte, anni fa avevo un sito “turistico” sulla Giordania, sono stato per molto tempo un membro attivo del forum di Allam poi abbandonato per “irrimediabile xenofobia” di buona parte dei suoi frequentatori e mancanza di neutralità del moderatore stesso, ho anche avuto una breve esperienza con un blog in precedenza, giusto un paio di settimane e poi l’ho chiuso perché non avevo tanto tempo a disposizione.
Questa volta ho deciso, devo fare sul serio, scrivo quando mi va, una settimana può andare bene un solo articolo, poi magari c’è il giorno in cui mi sento in vena e ne scrivo tre, non devo e non voglio avere nulla di programmato, il blog deve rappresentare il luogo in cui rifugiarsi quando hai da dire qualcosa su questo benedetto mondo destinato all’autodistruzione nel giro di pochi decenni (nella migliore delle ipotesi).

Chi sono? Nessuno, ma nel mio piccolo ho una fortuna, che però negli ultimi anni si sta trasformando in una maledizione, quella di avere un DNA misto, nelle mie vene scorrono globuli italici affiancati da quelli arabi in completa armonia, senza distinzione di razza, cultura o religione!
Perché sta diventando una maledizione? Beh, basta guardarsi attorno, ormai per i musulmani rischi di diventare troppo “occidentalizzato” perché magari non sei d’accordo su tutto quello che succede da quelle parti, per gli occidentali sei “integralista” perché dici che i palestinesi sono le vittime e non i carnefici nel “mitico” conflitto mediorientale…
Insomma, quelli come me rischiano di perdersi tra i due mondi. Pare che per molti, troppi direi, il mondo debba essere per forza bianco o nero, il grigio non esiste. Non dico che per forza si debba credere nelle 256 tonalità di windows, ma almeno una scala di grigi potrà esistere? Potrò essere laico e musulmano? Contro i terroristi ma favorevole a una scuola araba in Italia? Capitalista ma estimatore del Che? Non è possibile? E dove sta scritto?

Spero che questo sia l’inizio di un lungo percorso di confronto e dibattito con tutti, musulmani, cristiani, atei, destra, sinistra, leghisti, stalinisti, in sintesi tutti. L’unica regola? La buona educazione, esprimere opinioni e non insulti, rendersi conto che l’interlocutore è prima di tutto un essere umano come te, poi viene tutto il resto. Il nome del blog, la tenda beduina, non nasce per caso. Personalmente ho un grande amore per il deserto, è un luogo come pochi dove rilassarsi e meditare. Il silenzio, il cielo stellato, il rumore del vento e soprattutto la tenda. Casa dei beduini, ma anche circolo di confronto e dibattito dove i capi tribù si uniscono e parlano dei loro problemi, tra profumo d’incenso e bicchieri di tè bollente, perché la discussione rimanga sempre amichevole. Che sia di buon auspicio per questo blog…

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