venerdì 28 settembre 2007

Studio in Bahrein: il 57 % dei kamikaze non è religoso


Ormai in occidente il connubio Islam = terrore è stato inculcato per bene a ogni singolo cittadino. Una dose mattutina, una pomeridiana e una prima della nanna. Un mese di trattamento e poi dicono tutti le stesse cose “non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani” o “come mai solo i musulmani si fanno esplodere?” e tante altre “finezze” da grandi esperti di mondo islamico e mediorientale.

Nel mondo arabo, al contrario di quanto si possa credere qui, è in atto da anni un dibattito molto acceso sul terrorismo, le sue cause, le sue radici, il fascino che può esercitare una certa ideologia “vendicativa” su di una gioventù smarrita e arrabbiata e con poche prospettive future. Sul network Alarabiya, tra i maggiori canali d’informazione nel mondo arabo, va in onda un programma che s’intitola “l’industria della morte”. Parla di terrorismo, ideologie radicali e via dicendo. Nell’ultima puntata un esperto del
“Gulf centre for strategic studies” del Bahrein ha reso noto uno studio dal quale si evince che il 57% degli attentati eseguiti tramite kamikaze sono stati adottati da gruppi non religiosi.

Secondo lo studio gruppi come le “tigri Tamil” dello Sri Lanka o il PKK curdo hanno adottato il metodo kamikaze decenni prima dei gruppi islamici. I Tamil addestravano i bambini all’età di dieci anni per un periodo di circa tre anni, dopo i quali il kamikaze era pronto all’azione senza esitazione.
Un dato significativo che emerge dallo studio è come lo stupro delle donne in Cecenia, da parte dei soldati russi, abbia trasformato molte di loro in kamikaze contro i russi. Infatti ben il 42% degli attentati ceceni sono opera di donne, spesso vittime di stupro, altre volte disperate che hanno perso marito e figli in guerra.

Non dico questo per sminuire il problema “terrorismo islamico”. Ma forse andrebbe ridimensionato il fattore religioso a favore di altri, sociali, umani, economici, politici, che portano uomini e donne, a latitudini diverse, a optare per una scelta così estrema per danneggiare chi è visto come il nemico.
Lo stesso Binladen si è tradito più volte, rivelando nei suoi discorsi le cause “terrene” del suo odio verso l’America, la presenza di truppe americane nei paesi del golfo, il petrolio in mano alle multinazionali, l’invasione israeliana del Libano nel 1982, il sostegno americano ai regimi corrotti della zona. Sta a vedere che anche Osama più che “punire gli infedeli” vuole, sempre che sia ancora vivo, realizzare una sua precisa agenda politica…

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